Domenica, 28 Ottobre 2018 22:44

    Genitori allenatori… No Grazie!

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    Qualche suggerimento per i genitori di un piccolo sportivo per evitare di cadere nella categoria dei genitori allenatori poco simpatici agli istruttori.

    Il bambino che sceglie di impegnarsi in uno sport merita rispetto e stima da parte dei genitori che devono cercare di spronarlo ed incoraggiarlo nello svolgimento di tale attività ma soprattutto capire e fargli comprendere che lo sport è prima di ogni cosa divertimento e voglia di stare insieme, senza nutrire gelosie inutili o false ambizioni, che, il più delle volte, sono di ostacolo e non di aiuto al giovane.

    In effetti, nella fascia d’età compresa tra i 6 ed i 14 anni, il genitore si trova di frequente protagonista di situazioni spiacevoli che creano problemi ed ostacoli ad una serena e positiva attività sportiva per il proprio figlio. Con la convinzione che “lo si fa per il suo bene”, in realtà, si può correre il rischio di diventare veri e propri deterrenti psicologici, non solo condizionando negativamente il rendimento in gara, ma, fatto ancora più grave, danneggiando lo sviluppo psicologico del ragazzo.

    Molto spesso si vorrebbe che il proprio figlio non dovesse mai soffrire, ne commettere errori, ma ricevere dalla vita solo gioia e felicità: questo, purtroppo, non è possibile ed il compito del genitore diviene, perciò, quello di non intromettersi nelle scelte del figlio e di non voler vivere la vita al suo posto, capendo che ogni errore commesso ed ogni dolore provato aiuta il ragazzo a crescere ed a formare una sicura personalità.

    L’attività sportiva è uno tra i mezzi migliori per aiutare il bambino a maturare ed a crescere, in quanto lo sport spinge il giovane ad impegnarsi, a cercare di migliorarsi, a mettersi continuamente alla prova, a stringere rapporti sociali, a comprendere il sacrificio e l’umiltà, ad assumersi delle responsabilità ed a divenire membro di una collettività nella quale vigono, per ciascuno, diritti e doveri.

    Stimolare, incoraggiare la pratica sportiva, lasciando che la scelta dell’attività sia fatta dal bambino.

    Instaurare un giusto rapporto con l’allenatore per fare in modo che al bambino arrivino sempre segnale coerenti dagli adulti di riferimento.

    Lasciare il bambino libero di esprimersi in allenamento ed in gara (è anche un modo di educarlo all’autonomia).

    Evitare di esprimere giudizi sui suoi compagni o di fare paragoni con essi: è una delle situazioni più antipatiche che si possano verificare sia per i piccoli che per i grandi. Evitare rimproveri a fine gara. Dimostrarsi, invece, interessati a come vive i vari momenti della gara ed eventualmente evidenziare i miglioramenti.

    Aiutarlo a porsi obiettivi realistici ed aspettative adeguate alle proprie possibilità. Offrire molte opportunità per un’educazione sportiva globale.

    Rispetto delle regole, degli impegni, delle priorità, dei propri indumenti, degli orari, dei compagni, dell’igiene personale.

    Il genitore deve concorrere al raggiungimento di questi obbiettivi con l’Allenatore.

    Far sentire la presenza nei momenti di difficoltà; sdrammatizzare, incoraggiare, evidenziare gli aspetti positivi. In ogni caso, salvaguardare il benessere psicologico del bambino.

    Avere un atteggiamento positivo ed equilibrato in rapporto al risultato, saper perdere è molto più difficile ed importante che saper vincere.

    Nello sport, come nella vita, non ci sono solo vittorie e dopo una caduta bisogna sapersi rialzare.

    Tener conto che l’attività viene svolta da un bambino e non da un adulto. Cercare di non decidere troppo per lui. Cercare di non interferire con l’allenatore nelle scelte tecniche evitando anche di dare giudizi in pubblico sullo stesso (in caso di atteggiamenti ritenuti gravi rivolgersi in Società). Cercare di non rimarcare troppo al bambino una partita mal giocata o quant’altro evitando di generare in lui ansia da prestazione (non bisogna essere né ipercritici né troppo accondiscendenti alle sue richieste che spesso sono solo dei capricci).

    Incitare sempre il bambino a migliorarsi facendogli capire che l’impegno agli allenamenti in futuro premierà (rendendolo gradatamente consapevole che così come a scuola anche a calcio per far bene c’è bisogno di un impegno serio).

    Abituare il bambino a farsi la doccia, legarsi le scarpe da solo e a portare lui stesso la borsa al campo sia all’arrivo che all’uscita (rendendolo piano piano autosufficiente).

    Cercare di non entrare nel recinto di gioco e nello spogliatoio.

    Durante le partite cercare di controllarsi: un tifo eccessivo è diseducativo sia per i bambini che per l’immagine della società nei confronti dell'esterno.

    Cercare di ascoltare il bambino e vedere se quando torna a casa dopo un allenamento od una partita è felice.

    Ricordarsi che sia i compagni che gli avversari del proprio bambino sono anche loro bambini e che pertanto vanno rispettati quanto lui e mai offesi.

    Rispettare l’arbitro e non offenderlo. Molto spesso gli arbitri sono dei dirigenti e anche loro genitori che stanno aiutando la pallacanestro giovanile: tutti si può sbagliare, cerchiamo di non perdere la pazienza!

    Ricordarsi che molte volte si pensa che “l’erba del vicino sia sempre la migliore” e pertanto prima di criticare l’operato della Società cercare di capire chiedendo direttamente spiegazioni ai Dirigenti responsabili di eventuali scelte ritenute ingiuste.

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